GENNA DI TAQUISARA
Roberto Brughitta
Amicolibro editore

Roberto Brughitta
Amicolibro editore

“Rònkina, un uomo saggio ma anziano di settant’anni (l’età non è casuale), incrocia la sua esistenza con Genna, una fanciulla dal carattere ribelle. Malgrado la reciproca diffidenza iniziale, cominciano un viaggio, il cui scopo non è tanto un andare verso, ma un allontanarsi da.”
(Piccolo estratto dalla prefazione a cura di Andrea Fulgheri)
Rònkina, un vecchio addestratore di cavalli ormai settantenne, convinto di non poter dare più nulla, e Genna, una ragazza diversa, una guaritrice, avvolta dall’infame spettro della superstizione e dei demoni, che spesso si creano proprio negli animi di chi condanna ciò che in realtà non conosce.
Siamo nell’entroterra sardo, tra le aspre rocce dei tacchi ogliastrini, tra grotte e gole, in una natura dalla bellezza incontaminata, su cui si intrecciano le vicende degli uomini.
Roberto ci trasporta in luoghi che chi ha avuto la fortuna di visitare riconoscerà subito.
Rònkina e Genna, due destini apparentemente ineluttabili, in un mondo in cui l’esistenza è condizionata da usi e credenze, che sovente imprigionano e condizionano la vita dei singoli individui: il vecchio, ormai giudicato inservibile e con nulla più da dare (e forse anche convintosi di ciò), destinato a essere scaraventato da Sa Babbaiecca; la giovane, selvatica e schiva, dai fulvi capelli, piccola e sfuggente come una volpe e indomita come i cavalli, conoscitrice di erbe, parole e cure, additata sempre più minacciosamente come bruxia (strega, fattucchiera).
Due sorti già scritte, quasi come un marchio, in quel che emerge come un mondo chiuso e contraddittorio, in cui l’essere umano è prigioniero del proprio destino segnato, che Roberto fa incrociare, dando il via al tutto: il viaggio verso la possibilità di una sorte diversa.
Da destino segnato e avverso, di cui non si possono cancellare tutti i segni, è però possibile sognare ancora, mirare a qualcos’altro, a patto di avere in sé una grande forza.
Ed è in quella diversità, in quella ribellione, tanto condannata dalla miope mediocrità umana, che si annida quel quid che fa la differenza (e questo sarà un senso che accompagnerà tutto il romanzo).
Una scintilla a cui è impossibile impedire di divampare – come quella che arde negli occhi ambrati di Genna - un seme a cui è impossibile impedire di germogliare.
“…aveva occhi marrone chiaro con riflessi dorati che li rendevano ambrati, sembravano gli occhi di una volpe. Anche i denti, ma soprattutto i capelli ricordavano l’astuta Liori, la volpe. Quelli che qualche ora prima gli erano sembrati rosso scuro, con le prime luci dell’alba apparivano di un bel rosso acceso. La carnagione del viso era bianca e depositate sul naso e le guance aveva delle piccole lentiggini. Dello stesso candore aveva le piccole mani dalle dita affusolate. Era minuta, snella e agile nella cavalcatura, tanto che l’anziano pensò che fosse, sì, nata davanti a una porta, ma in groppa ad un cavallo”.
Genna, porta in sé l'agilità, la libertà e fierezza della minuta volpe che si muove furtiva tra i boschi, per non farsi vedere dagli uomini.
Conosce i boschi, i luoghi e le piante, si muove tra odori e colori, silenzi e sguardi, ascolta il vento, legge il tramonto, in un mondo quasi del tutto dimenticato che l’autore descrive con capacità, colorando con delicata sensibilità le sfumature dei suoi personaggi, ma raccontandoci anche della malvagità di cui certi altri possono essere capaci.
Genna e Rònkina riescono ad emozionarci – in certi tratti perfino commuoverci – così come altre figure riescono a contrariarci, indignarci, arrabbiarci.
E questo contrasto, funzionale alla storia, penso offra un importante spunto di riflessione al lettore.
La superstizione, l’ignoranza, la cattiveria, contrapposti alla diversità, alla paura ma anche al coraggio essere diversi. La purezza, la ribellione, la libertà, la ricerca della vera felicità.
Come sempre non mi dilungherò sui dettagli della trama, ma sulle sensazioni trasmesse.
Leggendo il romanzo avremo modo di visualizzare paesaggi reali, di tornare a suoni dimenticati, conoscere o rispolverare usanze, miti e leggende. Sarà un viaggio geografico, ma anche nel tempo, che dalle più arcaiche radici dell’Ogliastra si sposterà verso le valli del Cixerri, sino al castello di Acquafredda, dove il mondo pare più in divenire, e incontreremo la Sardegna medioevale, che si animerà tra festività, giochi equestri e pariglie…
Tante sarebbero le cose da dire, ma si rischierebbe di svelare troppo!
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Leggendo Genna mi sono tornati alla mente alcuni versi scritti nel lontano 2014.
Mi permetto di accompagnarli come chiusa di questa piccola recensione, che mai potrà sostituire la bellezza di una vera e propria lettura.
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GLI STOLTI
GLI STOLTI
Per le vie del paese
s'aggirava Vocetta la svampita,
col suo fare stralunato.
Al raziocinio non era avvezza,
che tracotasse di alcuna bellezza
o intelletto,
non avrei mai detto.
Ma credete a me che vi riferisco,
che di fantasia ne aveva un mischio!
Giunse nel borgo una forestiera,
pelle di luna, in veste nera.
Di certo era una fattucchiera,
sposa del diavolo, una megera!
Ed il fulvore della sua chioma
non poteva esserne che l'idioma.
Giurò Vocetta di averla vista
cogliere erbe e farne misture.
Parlar nel bosco con le creature,
e di quei fiori ed erbe strane
farne pozioni,
giacer con Satana e i suoi demoni.
- Subito tutti a imbracciar i forconi!
Tra loro Vocetta infervorata.
S'accinsero alla porta,
una marmaglia scomposta,
non ravvisandosi che dentro le loro teste
v'eran demoni di ogni sorta.
(Eleonora Capomastro, 2014)
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(Eleonora Capomastro, 2014)
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