LA DANZA DEI FIORI SECCHI
Carmen Salis
Amicolibro editore
LA DANZA DEI FIORI SECCHI dà voce ad una delle tante realtà che possono passarci accanto quotidianamente - drammi più o meno silenziosi che spesso si consumano nell’indifferenza - sulle quali al massimo ci si limita a sentenziare, conoscendo sommariamente, e
giudicare, senza realmente soffermarsi ad analizzare e riflettere.
giudicare, senza realmente soffermarsi ad analizzare e riflettere.
Leggendo la storia di Anna, Silvia e Bibi – nonna, madre, e nipotina – più volte mi è venuto da fare paralleli con situazioni simili o analoghe, e la riflessione che ognuno di noi dovrebbe fare (sia in questa lettura, che nella propria vita quotidiana) è quanto spesso siamo ciechi e sordi al dolore di chi ci sta intorno.
Quanto potrebbe essere diverso, se fossimo capaci di più empatia e meno giudizio? Se ognuno riuscisse, nel proprio piccolo, a fare un po’ suo anche il dolore altrui, proteggendo queste realtà già fragili, che diventano ancora più alienanti e devastanti, in una certa misura anche per merito nostro.
Certo, non si può riparare agli errori degli altri, ma si può decidere di non commettere lo sbaglio di giudicare a priori; si può decidere di fare schermo a quello che è un malcostume comune. Si può decidere di non ledere.
Penso che Carmen nei suoi scritti, persegua una tra le più significative possibilità della scrittura: quella di dare voce a ciò che altrimenti non ne avrebbe.
LA DANZA DEI FIORI SECCHI tocca il crudo tema della tossicodipendenza, ma non solo.
Parla d’amore e di dolore questa danza.
Parla d’amore e di dolore questa danza.
Una danza che incatena, privandoci d’energie e rendendoci impotenti – come quelle che legano il rapporto tra Anna e Silvia - ma anche una danza in cui un anello si può ancora spezzare, a patto di percorrere una strada diversa. Un riscatto per sé e per chi da quelle catene non è riuscito a liberarsi.
Parla di come certe crepe, con le fragilità personali e le incomprensioni date dall’incapacità di comunicare e di ascoltarsi - in primis verso se stessi, e poi verso gli altri - col tempo possano diventare voragini ingestibili, anche se di fondo rimane sempre l’amore.
Un amore sopraffatto dall’esasperazione e dalla rassegnazione, un amore ferito e malato, che spesso si tramuta in odio e rabbia.
Un amore ferito a tal punto, da riuscire a comunicare la propria sofferenza solo ferendo a sua volta.
Un amore sopraffatto dall’esasperazione e dalla rassegnazione, un amore ferito e malato, che spesso si tramuta in odio e rabbia.
Un amore ferito a tal punto, da riuscire a comunicare la propria sofferenza solo ferendo a sua volta.
“Non resisteva, non ci riusciva. Lo scontro era forse l’unico modo che le era rimasto per comunicare. Se lo domandava perché provava tanta rabbia, perché voleva ferirla, perché detestava ogni sua espressione, ogni indumento che portava, ogni attimo della sua presenza. Risposte non ne aveva. Odiava sua madre, la odiava e basta. Si poteva odiare una madre? ”
Eppure, se fossimo in grado di spogliare Anna e Silvia dai segni della vita, come se fosse possibile per un attimo fermare tutto e cancellare, troveremmo quell’amore. Anche in un fiore secco.
Così si definisce Silvia, così definisce sua madre Anna e sua figlia Bibi.
“Mia figlia sarà una perdente come te e come me. Un fiore secco, un fiore non voluto nemmeno da quel Dio che tu credi abbia dato origine al mondo.”
Le parole che esterna sono cariche di rabbia e frustrazione, oltre che distorte dalla dipendenza.
Leggere è un invito a soffermarsi su cosa possa esserci dietro tutto questo dilaniante malessere.
Certi punti sono come pugni nello stomaco, quando si prende coscienza che nella storia di Anna, Silvia e Bibi, siano presenti tanti elementi che si sovrappongono perfettamente a certe realtà.
È provante leggere, ma è giusto proseguire nell’accogliere queste sensazioni, perché tra queste pagine vi è la dolorosa storia di tante famiglie.
Carmen riesce a delineare perfettamente la psicologia delle due donne, distinguendosi tramite l’uso di più punti di vista narrativi.
Il candore della piccola Bibi e il suo amore incondizionato e non giudicante, emergono dalle pagine del suo diario, a cui affida i suoi pensieri e le sue emozioni.
Il candore della piccola Bibi e il suo amore incondizionato e non giudicante, emergono dalle pagine del suo diario, a cui affida i suoi pensieri e le sue emozioni.
“I fiori sono destinati a seccarsi sempre, non hanno scampo. Sarebbe meglio essere un albero.”
Parla dei fiori e degli alberi, Silvia, proprio come il fico che può osservare dalla finestra del suo palazzone.
Disegna sui vetri, e una delle tante riflessioni corre tra i pensieri del lettore -
“Avrebbe voluto saper disegnare gli alberi, con i rami che si muovono verso l’alto e si intrecciano con le gemme che poi danno vita alle foglie, ma non era capace. I suoi compagni li disegnavano senza i rami, con un cappello ricciuto verde che le ricordava la messa in piega della sua maestra. A lei non piacevano: un albero doveva avere le mani, le dita, doveva arrampicarsi verso il cielo.”-
Forse è anche un po’ compito di chi ha la fortuna di avere radici più forti, offrire un po’ d’ombra e riparo al fiore, in maniera che possa un poco irrobustirsi ed essere capace di donarci la sua bellezza, anche se per sua natura esso continuerà ad essere fragile.
***
Voglio chiudere accostando questa immagine significativa a cui tengo molto,
a Roberta,
la Bibi cresciuta,
nonostante tutto.
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